Il momento no di Paolucci e Petagna

28.10.2014 17:00 di Marco Ferri   vedi letture
Il momento no di Paolucci e Petagna
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© foto di Federico Gaetano

504 minuti, 0 gol. Bastano due dati per sintetizzare l’impatto zero avuto da Andrea Petagna e Michele Paolucci sulla stagione del Latina. “Il vecchio e il bambino”, gli uomini che, qualora non si fosse concretizzata l’operazione last minute che ha aggiunto Sforzini alla corte di Beretta, avrebbero dovuto caricarsi sulle spalle l’attacco nerazzurro, si sono smarriti nel paesaggio degli sconfitti che è, ad oggi, l’immagine più eloquente della squadra.
Invisibili sia per il tecnico milanese che per Breda che, preferendogli Talamo per gli assalti finali contro il Brescia, ha sancito una bocciatura definitiva che sembra punire oltre ogni logica il digiuno realizzativo dei due. Tra di loro è Paolucci quello che rischia di non risalire più la corrente. Dopo l’addio di Jonathas, con l’approdo in panchina di un allenatore che lo conosceva e, memore dell’esperienza senese, sapeva come innescarlo, doveva essere lui il leader di un reparto in cerca d’autore. Complici le scorie dell’infortunio occorso a Crotone a inizio maggio, però, il 28enne scuola Juventus non si è più ritrovato, scivolando inesorabilmente in panchina e ai margini del progetto dopo le prove impalpabili in Coppa Italia e all’esordio con il Crotone, con la ciliegina della torta di un rigore calciato con un’imperdonabile sufficienza, da ex, a Vicenza. In quella mancata trasformazione si condensa la scia dei rimpianti, singoli e di squadra. Undici metri di delusione che la punta marchigiana non si è lasciato alle spalle, divenendo quello “sciagurato Michele” da gettare nella mischia quando in pochi credono nella scintilla. Ivi compreso Breda, che sabato scorso ha by-passato la tappa della ricostruzione del giocatore sacrificandolo sull’altare degli equilibri (l’unica ratio in grado di giustificare l’ingresso di Milani per Sforzini) e della gioventù (leggi Talamo). Per Petagna, invece, la discesa negli inferi è stata repentina e silenziosa. Accompagnato dalla fama, del club d’appartenenza più che personale, il giovane rossonero non ci ha messo la fame necessaria, a 19 anni, per trasformarsi da promessa in realtà. Gli scampoli concessi da Beretta, al quale va riconosciuto di averlo provato dal 1’ nella sfortunata parentesi con l’Avellino, non hanno avuto seguito con l’avvicendamento tecnico. In tre partite da recuperare, o provare a vincere, Breda non gli ha mai fatto svestire la pettorina da riserva. Con il Milan sempre vigile sui baby in prestito in giro per la penisola, come confermato dal caso Gabriel a Carpi, diventa un esercizio fin troppo facile ipotizzare il ritorno alla base qualora la piega dell’ultimo mese non dovesse cambiare.