Viaggio al centro della crisi

20.10.2014 17:15 di  Marco Ferri   vedi letture
Viaggio al centro della crisi
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© foto di Federico Gaetano

Da leone a pulcino spaurito, una metamorfosi repentina e avvilente: cosa è successo al Latina? Il paziente che Breda si è trovato ad accudire due settimane fa è ben lungi dall’ottenere il certificato di avvenuta guarigione e, anzi, peggiora il proprio stato di salute partita dopo partita. L’esegesi del peggior momento dell’ultimo anno si districa su più tavoli, intercalati tra passato (allestimento della rosa) e presente, la galleria degli errori cui i tifosi si stanno progressivamente assuefacendo. Ecco i fattori negativi emersi nelle prime due uscite del nuovo corso.

2 FISSO
La medicina somministrata dal tecnico trevigiano, a base di compattezza e equilibrio, non entra nelle vene. Nelle ultime sei partite con Breda al timone, partendo dai play off della scorsa stagione, i nerazzurri hanno sempre subito due reti. E’ avvenuto nelle doppie sfide con Bari e Cesena, e, negli ultimi otto giorni, al cospetto di Bologna e Carpi. La costante risiede nelle palle inattive, dal quale sono giunti ben 7 dispiaceri, ma, a prescindere dalla genesi, l’irrisoria facilità con cui Iacobucci prima, e Farelli poi, sono stati perforati, è anni luce lontana dall’ermeticità cui ci si era abituati nel post Auteri, quando Cottafava e compagni concedevano le briciole a qualsiasi attacco avversario. Disattenzioni singole, di catena o di reparto, hanno fatto riscoprire fragilità antiche, accentuate ulteriormente da un attacco incapace di funzionare.

APPROCCI SBAGLIATI
Un altro cavallo di battaglia diventato, di colpo, tallone d’Achille. Quella squadra che entrava in campo con l’argento vivo addosso, pronta a sbranare il dirimpettaio di turno, giace ora in balia dell’avversario, in attesa di ricevere il primo colpo e, barcollante, di finire al tappeto. Per spiegare il declino basta sviscerare un dato: nelle ultime due uscite il Latina ha incassato tutte e quattro le reti nei primi 45 minuti, un anno fa Breda incassò il quarto dispiacere prima dell’intervallo dopo ben 16 partite, in occasione della trasferta di Siena. Una minor fame che va di pari passo con la paura derivante da una classifica pesantemente deficitaria, che conduce a errori macroscopici e svuota i muscoli alle prime difficoltà.

RIMONTE A SENSO UNICO
La musica non è cambiata neppure a fronte dell’avvicendamento tecnico. L’equazione è semplice: se il Latina va sotto, perde. Contro Bologna e Carpi le due reti di Sforzini sono risultate un blando sciroppo per la tosse per lenire un febbrone da cavallo, utili solo ad arricchire il bottino personale dell’ariete di Tivoli senza aggiungere fieno a una classifica traballante. Per una squadra dalla produzione offensiva ridotta al minimo sindacale, rimontare il doppio svantaggio equivale a scalare il K2 in pantofole. Una missione impossibile cui fanno da contraltare i recuperi subiti, testimoni dell’incapacità di gestire il risultato. Livorno, Avellino e Ternana sono riuscite lì dove i nerazzurri si sono dimostrati inefficaci, a riacciuffare quel risultato o, peggio ancora, a ribaltarlo (come successo agli irpini) a loro spese.

STESSA PELLE
Una considerazione che si intreccia inevitabilmente con quella che la precede. Il Latina non sa cambiare volto in corso d’opera, intrappolato in un 3-5-2 che da delizia è diventato croce. Studiato e codificato dagli avversari, il sistema di gioco nerazzurro non muta neppure in relazione agli interpreti inseriti, così va a finire che Pettinari rimbalzi contro la difesa del Carpi o che Sbaffo, arma della disperazione contro il Bologna, generi un’anarchia tattica della quale diventa egli stesso vittima. L’unico raggio di sole è quello irradiato da Doudou, peperino promotore di un’entropia organizzata. Troppo poco per una squadra mossa dai nastri di partenza con serie ambizioni di vertice e che si è già scoperta mono-passo e priva di soluzioni alternative.

TABU’ TRASFERTA
Palermo, La Spezia, Bari, Crotone, Cesena. In rigoroso ordine cronologico ecco alcune delle maggiori roccaforti espugnate dal novembre al maggio scorso, quando l’arte della guerra era perpetrata con due semplici mosse: difendere senza prestare il fianco e avanzare di rimessa. Di quel Latina da esportazione, che conobbe la sua espressione più alta nella mezzora iniziale della finale play-off, non è rimasta che la memoria, se è vero che l’ultimo blitz è datato 25 maggio (1-3 al Manuzzi) e che le prime sei trasferte stagionali, Coppa Italia compresa, hanno fruttato tre pareggi e altrettante sconfitte. Colpa di un atteggiamento passivo e rinunciatario, accentuato dalle sopra citate crepe difensive e dall’assillo del risultato ad ogni costo, il vero handicap della gestione Breda.

SOTTO SFORZINI NIENTE
Quello che prima era un sospetto si è subito trasformato in una certezza della quale si sarebbe fatto volentieri a meno: segna solo Sforzini. Accanto all’ex bomber del Grosseto, autore di quattro dei sette gol realizzati finora, si staglia il panorama degli sconfitti. Quattro attaccanti che, messi insieme, hanno gonfiato il sacco una sola volta, con Pettinari agli onori delle cronache a Pescara. Alla base del flop sgomitano la pressoché totale assenza della fase di transizione che garantisca alle punte i rifornimenti necessari, lo scarso minutaggio, le condizioni precarie e, almeno nel caso di Petagna, un periodo fisiologico di adattamento al campionato. Valutazioni che rischiano però di diventare alibi e che alimentano un dubbio atroce: se l’ultimo giorno di mercato non fosse arrivato il “tagliagole”, dove sarebbe oggi il Latina?

MERCATO IMPATTO ZERO
In sede di commento aveva raccolto il consenso unanime di addetti ai lavori e tifosi. Il calciomercato del club di Piazzale Prampolini, condotto magistralmente senza dilapidare un patrimonio per i cartellini e, come preannunciato da Maietta nel giorno della presentazione di Beretta, con un occhio vigile alle casse, si è trasformato in un boomerang. Il blocco Siena, arrivato affamato per le angherie subite nella passata stagione, sta rendendo meno delle attese in tutti i suoi effettivi, da un Angelo ostaggio di incomprensibili pause di riflessioni durante la gara a un Valiani a corrente alternata passando per un Dellafiore autore di un paio di peccatucci veniali costati gol e punti. Pettinari e Sforzini stanno tirando avanti la carretta nei limiti delle proprie possibilità, ma anche il loro rendimento sfiora a malapena la sufficienza, mentre Sbaffo si è fatto apprezzare per gol divorati e per una piazzata costatagli un’espulsione, prima ancora che per i gesti tecnici.

CHI È COSTUI?
Dei giovani, verso i quali sarebbe ingiusto e illogico gettare la croce, non c’è invece traccia. Di Gennaro si è smarrito tra le pieghe di un infortunio, Petagna e Doudou reclamano uno spazio che raramente gli è stato concesso e che, forse, non hanno saputo sfruttare come e quanto ci si aspettasse. L’emblema della mancanza di benzina verde è però Alberto Almici. L’esterno scuola Atalanta, accompagnato nel capoluogo pontino da un pedigree fatto di oltre 70 presenze in cadetteria ad appena 21 anni, non ha finora mai messo piede in campo, neppure a fronte delle prestazioni deficitarie di chi gli contende il posto. Tutti lo lodano, nessuno lo azzarda. Nel Latina che cerca un’identità e che fatica a scrollarsi di dosso gli ingombranti paragoni con ciò che è stato, ripartire dall’entusiasmo e dalla freschezza dei giovani può rappresentare la chiave di volta di una stagione che sta assumendo contorni funesti.

In collaborazione con Il Giornale di Latina