Beretta vs Breda, il confronto. Sette giornate a testa e una svolta che non c'è

19.11.2014 18:10 di  Marco Ferri   vedi letture
Beretta vs Breda, il confronto. Sette giornate a testa e una svolta che non c'è
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© foto di Federico Gaetano

Sette per uno. Con il successo sul Lanciano è andato in archivio il primo terzo del campionato cadetto. I nerazzurri lo hanno diviso equamente, spartendo le panchine tra Beretta e Breda, che al collega è subentrato il 6 ottobre scorso, meno di 48 ore dopo la sconfitta di Trapani nella settima giornata. La proiezione finale prodotta dai due è da retrocessione diretta. Mantenendo questo passo di gara, infatti, Farelli e compagni taglierebbero il traguardo con un bottino di 39 punti, due in meno del Padova che un anno fa chiuse il proprio calvario al terz’ultimo posto.

IMPATTO ZERO – Lo sport più chiacchierato d’Italia, che piaccia o no, non può prescindere dall’aritmetica. Quella nerazzurra certifica un avvicendamento, almeno finora, improduttivo. Nonostante l’affermazione maturata domenica scorsa, Breda ha raggranellato un punto in meno del predecessore, fermando la propria asticella a quota 6. Il trainer milanese, inoltre, si era misurato quattro volte in trasferta e tre davanti al pubblico amico, il trevigiano ha invece goduto già in quattro circostanze del fattore campo.

PER COLPA DI CHI? – Se nemmeno il cambio ha fornito lo scossone auspicato, l’esercizio più immediato è quello di circoscrivere le responsabilità ai giocatori. Mentre tutte le componenti dello spogliatoio hanno rispedito al mittente le accuse di presunte spaccature legate alla coesistenza di diverse “anime” (vecchia guarda contro ex Siena la più gettonata), la squadra ha spesso fornito la sensazione di non lavorare come tale, di non essere quell’unicuum necessario all’ottenimento dei risultati, muovendosi slegata e con poco spirito di sacrificio, caratteristica che è tornata ad albergare nella mentalità dei singoli solo dopo la disfatta nel derby.

STALLO TATTICO – Sul banco degli imputati, in entrambe le gestioni, è finita la scelta del modulo. Tanto Beretta quanto Breda non hanno abbandonato quel 3-5-2 sul quale l’ex Salernitana ha costruito i propri successi nella sua prima esperienza, terminata a giugno con la finale play-off persa con il Cesena. Un accanimento ai limiti dell’ottusità, specie a fronte di situazioni in cui assenze e momenti delicati di alcuni elementi consigliavano un’ineludibile svolta. Le diverse caratteristiche del parco giocatori a disposizione nell’anno 1 della cadetteria hanno prodotto un adattamento lento che si è scontrato con le ambizioni stagionali, tanto che la piccola svolta degli ultimi 135 è figlia dell’avanzamento di Crimi nella posizione di trequartista.

NUMERI IN CRESCITA – Un autentico paradosso. Con Beretta, sul quale la scelta era ricaduta per l’utopia di una proposta di gioco offensiva e conforme alle esigenze degli esteti della sfera di cuoio, il Latina ha segnato due volte in meno di quanto abbia fatto con Breda, che finora ha sempre visto i suoi gioire nell’arco dei 90 minuti, ma mai più di una volta. Il contraltare è nell’insolita fragilità difensiva. Mentre un anno fa la lenta risalita si era poggiata proprio sull’imperforabilità di Iacobucci, stavolta l’ex timoniere ha già incassato 11 reti contro le 6 di chi ha iniziato il lavoro.

DUE SQUADRE – Ad accomunare le due gestioni c’è l’ampio numero di giocatori cui entrambi i mister hanno fatto ricorso. 21 ciascuno, con 19 costanti e due variabili. Beretta ha avuto a disposizione – sebbene per poco più di 50 minuti – Di Gennaro e ha concesso il debutto a Ricciardi, Breda ha invece riservato più spazio ai giovani, elargendo la prima da professionista a Talamo e spedendo in campo, a furor di popolo, Almici.

BERETTA E BREDA A CONFRONTO

PRESENZE
7-7

VITTORIE
1-1

PAREGGI
4-3

SCONFITTE
2-3

PUNTI
7-6

MEDIA PUNTI
1-0,86

MEDIA PUNTI IN CASA
1,33-1

MEDIA PUNTI IN TRASFERTA
0,75-0,66

GOL FATTI
5-6

GOL SUBITI
7-11