Latina, un pari che sa d'impresa in attesa di tempi migliori
Contro il Giugliano dell’ex Di Napoli, il Latina ha rischiato di vincere una partita che per un’ora abbondante era apparsa già persa. È stato un confronto illuminante sui motivi tecnici e tattici che in queste ultime tre giornate hanno rischiato di portare i nerazzurri ad un passo dalla prima crisi stagionale.
Come molti osservatori hanno fatto notare, il Latina del primo tempo ha pagato pegno alla dura sconfitta subita il mercoledì precedente a Catanzaro, cinque gol che sono rimasti se non nelle gambe, sicuramente nella testa dei giocatori. Motivo sufficiente per spiegare certi timori e certe incertezze, soprattutto difensive, insolite per il Latina: vedi il retropassaggio “ no look” di capitan Esposito così come la staticità dei centrali in occasione della imbucata di Piovaccari che ha portato al raddoppio ospite.
Ma il carattere nel calcio è soltanto una componente, personalmente preferisco dare più rilievo alla tattica e allo sviluppo del gioco. Contro il Giugliano s’è avuto conferma una volta di più che la mediana nerazzurra non può fare a meno di Tessiore ma soprattutto di Di Livio. Amadio è apparso solo, isolato, spaesato. Bordin nel ruolo di interno non ha convinto, meglio è andato Sannipoli che peraltro ha provato a suggerire profondità con continui tagli verso il centro (mentre Margiotta arretrando gli faceva spazio) senza però ricevere palloni giocabili. Da qui l’impotenza della mediana nerazzurra acuita dalla giornataccia dei quinti.
Se ti proponi con il 3-5-2 non ti puoi permettere di non avere i quinti, essenziali nel conquistare spazio offensivo, così come nel difendere i lati del reparto arretrato. Perso Teraschi, Di Donato s’è trovato orbo dell’ampiezza nell’incapacità di Antonio Esposito e Carissoni di ricoprire un ruolo che evidentemente non è nelle loro corde. Tant’è che è toccato più di una volta a Carletti provare l’attacco sulle fasce, con esiti molto parziali. Messo in questo modo il Latina non ha avuto scampo al cospetto di una squadra determinata, forte d’individualità dai contorni ben delineati.
Di tutt’altro tenore e fisionomia il Latina che ha esaltato il Francioni con la rimonta e illuso con un paio di occasioni che l’hanno portato a un passo dal successo. Anche qui, in molti hanno evidenziato che a determinare la trasformazione siano stati quegli elementi che a Catanzaro non hanno giocato, privi quindi del macigno psicologico di una sconfitta pesante. Sarà, ma il cambio di marcia ha trovato la propria genesi in diversi fattori: l’inserimento di Rossi tra le linee, un reparto offensivo che ha coniugato la fisicità di Carletti con l’imprevedibilità di Fabrizi (l’eroe del pomeriggio), la determinazione e la vivacità (a volte confusionaria) dei nuovi entrati Riccardi e Di Mino. Amadio ha così avuto maggiore supporto e la manovra nerazzurri ha trovato diverse soluzioni di sviluppo che hanno disorientato il Giugliano, peraltro indebolito dalle sostituzioni non proprio azzeccate di Di Napoli.
Da qui un pareggio che sa d’impresa per come è maturato, in attesa di tempi ancora migliore