Viaggio nell'involuzione del Latina

Dal 1992 è collaboratore de “Il Messaggero”, dal 2009 collabora con la “Gazzetta dello Sport”. Inizia scrivendo di baseball, poi cede ai tentacoli del calcio.
27.02.2023 10:00 di  Vincenzo Abbruzzino   vedi letture
Viaggio nell'involuzione del Latina

Come te lo spieghi? Ci deve pur essere una ragione per l’involuzione del Latina, passato senza soluzione di continuità dalla bella vittoria interna sulla Virtus Francavilla alle sconfitte con Picerno e, al Francioni,  con il Messina, frutto di due prestazioni mosce, indolenti, senza nerbo.

Proviamo a formulare una ipotesi, possibilmente plausibile.

Tutto ebbe inizio dalla cessione di Giorgini. Privo del suo elemento di maggiore affidabilità in difesa, probabilmente consapevole delle difficoltà di Ciccio Esposito, non del tutto convinto delle potenzialità dei vari Cortinovis, Calabrese, De Santis o Celli, Di Donato ha pensato di cambiare veste tattica alla squadra passando ad un reparto arretrato a 4 e un centrocampo a 2. Ne ha dato indiretta conferma lui stesso nel dopo partita del confronto interno con la Virtus Francavilla: <Perché il 4-4-2? I difensori a disposizione me lo permettono>.

La buona prestazione con il Francavilla è sembrata corroborare la novità tattica, salvo essere immediatamente smentiti nei due successivi confronti, tant’è che a questo punto un ritorno al passato non suonerebbe come una abiura bensì come un atto di saggezza.

La difesa a quattro dà l’impressione d’essere eccessivamente permeabile: è evidente la difficoltà di Carissoni nelle diagonali difensive, così come quella di Ciccio Esposito nelle chiusure e dei centrali nei tempi di scalata delle posizioni o di uscita dal reparto. Per non tacere delle poco convincente prestazioni di Antonio Esposito a difesa della fascia e della sua limitata predisposizione alla spinta.

Non va meglio per Amadio a malpartito nelle vesti di regista, ruolo che lo chiama a responsabilità maggiori rispetto ai compiti di dispensatore di palloni ricoperto fino a tre giornate fa. Amadio riluce se piazzato davanti alla difesa ma questo è impossibile nel 4-4-2 perché farebbe perdere le distanze, allungando pericolosamente la squadra.  Gli stessi mal di pancia li soffre Di Livio, la cui esuberanza viene meno se costretto a partire da una posizione più centrale.  Riccardi, poi, è ormai un caso ormai acclarato: non convince, quale che sia il ruolo in cui viene impiegato nonostante l’evidente generosità e voglia di fare. Un giocatore che si accende in avvio di partita per poi perdersi nel corso del confronto, quasi interiorizzasse i balbettii del resto del gruppo.

Quanto alle punte, è gioco forza che le difficoltà degli altri reparti si ripercuotano in fase offensiva anche se nel caso degli attaccanti il problema è aggravato dai limiti tecnici e di qualità di buona parte del reparto: Ganz da solo non fa di certo primavera.

La sconfitta con il Messina, infine, ha fatto emergere il malumore di fondo dell’ambiente. “Ci deve (devono) credere”, ha sostenuto nel dopo partita il diesse Marcello Di Giuseppe a proposito del futuro di squadra e tecnico. Una semplice esortazione o l’evidenza di un malessere del gruppo, di un disagio del tecnico, di incomprensioni tra spogliatoio e allenatore?  Ce lo diranno i prossimi giorni, detto che al momento di scrivere questo editoriale il futuro di Di Donato non è stato ancora definito.

Fatto è che bisogna darsi una mossa e subito, l’impegno di sabato con il Monterosi rappresenta uno snodo fondamentale per la stagione nerazzurra.