Il nuovo Latina di Bruno si fa apprezzare per lo spirito di sacrificio

Non c’è dubbio, ci piace soffrire. Gran parte dei commenti del confronto con l’Atalanta U23 si è focalizzata su questa condizione di tormento parlando di una “vittoria sofferta” con una accezione positiva, verrebbe da dire masochistica (a chi piace soffrire?). In realtà non è tanto la sofferenza che fa guardare con simpatia a questo neonato undici di Bruno quanto la sua capacità di lottare su ogni pallone, non mollare mai, di aiutarsi l’uno con l’altro. È la predisposizione del gruppo al sacrificio a piacere al tifoso nerazzurro e poco importa se questo significa che sia con il Gubbio che con l’Atalanta U23 il Latina nel finale abbia concesso troppo all’avversario, pur non lasciandogli opportunità di sorta ma soltanto speranza di recupero.
La vittoria sui bergamaschi di Bocchetti però non si spiega soltanto con le doti caratteriali di Marenco e compagni, sarebbe fare torto a Bruno che anche questa volta l’ha incartata al tecnico avversario.
Domenica il Latina ha praticamente rinunciato agli esterni, disponendosi soltanto sulla carta con il 3-4-2-1. Porro che teoricamente avrebbe dovuto agire da esterno destro, è stato abbassato sulla linea difensiva a fare mentre Ercolano che si sarebbe dovuto piazzare sull’out di mancina, in fase di contenimento ha giocato da quinto in difesa per poi salire in una posizione da interno quando il pallone ha viaggiato tra i piedi nerazzurri.
L’intento era dare spazio all’avversario per crearsi così gli spazi per la propria manovra. In particolare, lo scopo era cercare velocemente gli attaccanti, in particolare i due trequartisti, e con loro innescare gli inserimenti di Ciko e Ercolano. Un proposito riuscito a metà perché se da una parte Ciko, in particolare in avvio di confronto, ha effettivamente sorpreso in un paio di occasioni la difesa ospite, dall’altra Ercolano in avanti si è fatto vedere poco e niente, riemergendo dall’anonimato soltanto nel finale di partita quando c’è stata battaglia uomo contro uomo.
D’altronde l’assenza di un centrocampista di manovra costringe Bruno a questi accorgimenti tattici che poi sono il riflesso di ciò che è stato Bruno da giocatore: elemento carismatico, intelligente, di gamba, generosità e tanta sostanza. Una filosofia di gioco che domenica è stata accentuata dalla posizione di De Ciancio, basso in fase di costruzione e troppo spesso ignorato dai compagni. Questo ha comportato che l’argentino mantenesse una posizione troppo arretrata con il rischio di creare un buco in mezzo al campo, di dilatare le distanze con i trequartisti. Da qui l’impegno di Ercolano ad andare a saturare gli spazi centrali, in modo da non consentire a Pounga e Panada di impostare il gioco a proprio piacimento.
Superfluo evidenziare, in ultimo, la necessità di una punta nonostante a ben vedere Ekuban e la sua capacità di dare profondità alla manovra si confacciano al progetto tattico di Bruno. Ma sbagliare gol come quello fallito contro l’Atalanta sul retropassaggio “illuminante” di Pounga va al di là di ogni comprensibile ragione.